Cosa c’è di meglio che passare i primi giorni del nuovo anno in giro per musei? Noi l’abbiamo fatto e abbiamo visitato la mostra dedicata a Andy Warhol, il noto graphic designer e artista americano che ha introdotto, a partire dagli anni sessanta, il concetto di opera d’arte come oggetto di massa, fruibile da tutti e non più riservato a pochi intenditori. L’allestimento proposto al Complesso del Vittoriano, a Roma (in mostra fino al 3 febbraio 2019) è avvolgente e immersivo: oltre ad ammirare le opere è possibile ascoltare anche la musica di quegli anni (Warhol annovera, tra i tanti lavori come graphic designer, numerose copertine di dischi, ad esempio per i Rolling Stones e i Velvet Underground) e conoscere più a fondo la vita e la carriera dell’artista (su arte.it un interessante articolo).
La maggior parte delle opere esposte sono serigrafie, su carta o su tessuto (in mostra anche diverse t-shirt), e di certo si può affermare che Warhol deve tutto a questa tecnica di stampa, che gli ha permesso di replicare e inondare di colore i ritratti di amici e personaggi che riteneva interessanti. Grazie al telaio serigrafico i ritratti diventano riproducibili infinite volte, l’opera d’arte non è più quindi un unicum irripetibile, ma diventa “popolare”, per tutti, così come tutti possono comprare al supermercato un barattolo di zuppa con lo stesso identico sapore.
A volte partiva da una polaroid, altre volte da scatti fotografici esistenti, come la famosa installazione dedicata a Marilyn Monroe, ripresa da una foto pubblicitaria per il film Niagara. Le foto scelte, stampate, venivano ingrandite, modificate manualmente dall’artista in alcuni dettagli e successivamente trasferite su telaio serigrafico. L’effetto bidimensionale che riduce ogni immagine a “icona seriale”, è ottenuto con diverse mascherature di colore a contrasto. Spesso inoltre l’artista aggiunge elementi grafici geometrici, velature in acrilico o tratti gestuali, come nei ritratti di Mick Jagger. Qui potete vedere un interessante video che ripropone i vari passaggi.
La serigrafia è una delle tecniche di stampa più antiche, risalente, pare, alla civiltà fenicia. In Giappone venivano usati, a partire dal 1200, telai realizzati con sottili fili di seta o addirittura capelli umani, per decorare le armature in pelle dei samurai e le finiture dei cavalli. Il telaio da stampa in seta venne brevettato nei primi del ‘900 in Inghilterra. Ma solo a metà degli anni ’50 cominciarono ad essere prodotte le prime emulsioni fotosensibili, che permisero di riprodurre dettagli sempre più sottili e definiti. La stampa serigrafica può essere realizzata con diversi tipi di inchiostri, cosa che la rende molto usata, attualmente, in ambito pubblicitario per la personalizzazione di oggettistica nei materiali più disparati.
Con i moderni mezzi digitali oggi è possibile ricreare l’effetto di un quadro in stile pop-art, e chissà come avrebbe interpretato Andy Warhol le possibilità della computergrafica se non fosse scomparso prematuramente nel 1987 (praticamente ieri…). Lo immaginiamo come appare nei suoi ritratti e autoritratti, con lo sguardo un po’ distaccato, intento ad analizzare ogni piccolo dettaglio che lo circonda, ma sempre con l’inseparabile Polaroid in mano.